I mosaici di Ravenna

La basilica di San Vitale a Ravenna

La basilica di S. Vitale è senz’altro il monumento più noto di Ravenna. Entrando, stupisce il ritmo preciso dei vuoti e dei pieni delle sue architetture, l’elaborato cesello di alcuni elementi e, ovviamente, i suoi mosaici.

Oggi i mosaici sono senz’altro ciò che più meraviglia dei monumenti della città, e proprio per questo è difficile pensare quanto i viaggiatori del Seicento e del Settecento ne fossero talora poco impressionati. A colpire maggiormente erano i marmi orientali, i sarcofagi e le iscrizioni, nonché i dipinti cinquecenteschi.

Questo atteggiamento fu dovuto al gusto dell’epoca e a questioni di comprensione stilistica, e certamente dovette avere un suo peso anche il cattivo stato di conservazione di molti di essi.

 

Ecco il tesoro dell’anima, il vello d’oro cristiano, il sogno.

LOUISE COLET

Solo a partire dalla fine del Settecento vi fu un rinnovato interesse verso i mosaici ravennati. Emblematica la testimonianza della scrittrice francese Louise Colet, compagna del più noto Gustave Flaubert, che, nel 1862, ne intuì l’essenza, definendoli “rivelazione del mondo interiore”; e ancora “[…] ecco il tesoro dell’anima, il vello d’oro cristiano, il sogno”.

In particolare qui, nella basilica di San Vitale, dietro ai volti severi e fuori dal tempo di Teodora e Giustiniano, nelle elaborate trame decorative, nella densa simbologia rischiarata appena dal riflesso dell’oro, si tornò ad avvertire quel fascino mistico ed eterno, che oggi abbaglia chiunque vi si affacci.

 

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